<< Le sculture di Canova non sono congelate nel marmo, ma ancora calde nella vita >> (Vittorio Sgarbi)

E’ stata inaugurata l’8 dicembre 2023 negli spazi della Cavallerizza a Lucca la mostra Antonio Canova e il Neoclassicismo a Lucca, un’esposizione curata da Vittorio Sgarbi e prodotta da Contemplazioni.

Una mostra raffinata ed elegante che permette di entrare in un mondo straordinario fatto di rievocazioni dell’antichità classica qual è il periodo del Neoclassicismo.

Un dialogo fra i gessi del Canova, provenienti dalla Gypsotheca di Possagno, e i dipinti di artisti lucchesi della seconda metà del Settecento che mettono in evidenza una comunione di intenti, la rievocazione dell’antichità classica, greca in particolare.

Antonio Canova e il dialogo con la classicità

Un novello Fidia.

Così può essere definito il grande artista di Possagno che nelle sue opere esprime in pieno gli ideali di quella nobile semplicità e quieta grandezza evocati dal Winckelman e che richiamano quella voglia di ritorno alla classicità propugnata come ideale del periodo neoclassico, periodo che si snoda dalla seconda metà del Settecento ai primi anni dell’Ottocento.

Un contesto storico in cui si vogliono ritrovare la grazia e l’equilibro, la purezza delle linee, contro i capricci del Rococò e, prima ancora, del Barocco.

Le sculture di Antonio Canova rievocano quel Bello ideale e quella rinascita dell’Arte Antica a lungo ricercata dal grande artista.

Un artista che dalla natia Possagno si sposta a Venezia e, quindi, a Roma.

Un artista che, nel 1802, viene nominato Ispettore Generale delle Antichità e Belle Arti e che viene chiamato a Parigi per ritrarre Napoleone.

E Roma.

Città eterna dove il dialogo e lo studio dell’antico sono una costante.

La città del Grand Tour dove i nobili che vi si recano chiedono, a ricordo, un loro ritratto.

Ed è qui che si ritrovano anche gli artisti lucchesi come, ad esempio, Pompeo Batoni, Bernardino Nocchi, Stefano Tofanelli, per nominarne qualcuno, tutti presenti in mostra, ad esprimere un sentire comune in un costante dialogo fra le sculture del Canova ed i loro dipinti.

Il percorso espositivo

L’esposizione presenta un percorso in ordine cronologico con un allestimento creato ad hoc, in cui al centro delle sale campeggiano i gessi di Antonio Canova, iniziando dallo splendido Busto dell’Italia piangente, proseguendo con Teseo sul Minotauro, alle Tre Grazie, Endimione dormiente, Venere e Adone, Tersicore, La Venere Italica, La Danzatrice con le mani sui fianchi… di cui ognuno custodisce una storia affascinante, tutta da scoprire.

Antonio Canova, Venere e Adone, gesso
A. Canova, Venere e Adone, 1794.
Possagno, Museo Gypsotheca Antonio Canova
Antonio Canova, Tersicore
A. Canova, Tersicore, 1808-1816. Possagno, Museo Gypsotheca Antonio Canova

Ai lati, lungo le pareti, le opere dei maestri lucchesi e non solo.

Splendidi, nella prima sala, i dipinti di Pompeo Batoni alfiere, insieme a Nocchi, dei canoni estetici propugnati, in pittura, da Mengs: ricerca del Bello ideale, imitazioni dei greci, nonchè uno studio e una rievocazione delle opere di Raffaello e Correggio.

Ne sono esempio due dipinti straordinari di Batoni, rispettivamente Minerva infonde l’anima alla figura umana modellata in creta da Prometeo e Atalanta che piange Meleagro morente databili al 1740-1743.

P. Batoni, Minerva infonde l’anima alla figura umana modellata in creta da Prometeo, 1740-1743. Lucca, fondazione Cassa di Risparmio.

Opere che esaltano la purezza del disegno, la ricerca del Bello accompagnato da uno studio sui modelli della statuaria classica: si noti, ad esempio, nel primo, la testa di Prometeo, espressione di una grandiosità eroica, nonchè il corpo che sta modellando con la spatola che trova ispirazione nel canone della bellezza ideale del giovane Antinoo del Belvedere.

Un esempio straordinario di ritrattistica ufficiale, in cui si uniscono virtuosismo pittorico e tecnicismo, è il Ritratto di Abbondio Rezzonico, Senatore di Roma, opera in cui la purezza lineare, la cura per i dettagli, l’esaltazione del colore sono poste al servizio dell’ostentazione del prestigio politico e dinastico, nonchè della virtù di cui è investito il Rezzonico.

P. Batoni, Ritratto di Abbondio Rezzonico, Senatore di Roma, 1766. Roma, Gallerie Nazionali d’Arte Antica

Roma: l’epicentro della classicità

Espressione del clima culturale che si è creato a Roma in questi anni è certamente il dipinto del Tofanelli l’Autoritratto con il fratello Agostino, il padre e Bernardino Nocchi, eseguito nel 1783.

S. Tofanelli, Autoritratto con il fratello Agostino, il padre e Bernardino Nocchi, 1783.
Roma, Museo di Roma

Dopo l’apprendistato a Lucca, il pittore si trasferisce a Roma grazie al supporto economico di alcuni mecenati.

Qui viene raggiunto dal fratello per studiare alla scuola di disegno che Stefano gestiva al piano terra del palazzo affittato dal nobile lucchese e futuro cardinale Lorenzo Prospero Bottini.

In quello stesso palazzo Tofanelli aveva convissuto con Bernardino Nocchi effigiato nel dipinto tramite l’espediente del ritratto nel ritratto.

L’opera è una chiara testimonianza della presenza nell’Urbe degli artisti lucchesi, la cosiddetta Scuola classicista, inaugurata dalla bottega romana di Pompeo Batoni.

L’omaggio ad Elisa Bonaparte Baciocchi

In mostra non manca l’omaggio ad Elisa Bonaparte Baciocchi, sorella di Napoleone, regnante su Lucca dal 1805 al 1814.

Troviamo esposti i ritratti che le fecero, fra gli altri, Nocchi, Tofanelli e Marie – Guillemine Benoiste, creatrice di una delle effigi più celebri di Elisa.

M. Guillemine – Benoist, Ritratto di Elisa Bonaparte Baciocchi, 1806.
Lucca, Museo Nazionale di Palazzo Mansi

Il dipinto, splendido per esecuzione, rappresenta Elisa con la grande robe du sacre, l’abito realizzato in occasione dell’incoronazione del fratello svoltasi a Notre Dame il 2 dicembre del 1804.

Elisa è rappresentata con un volto ingentilito nei tratti somatici, certamente eseguiti così per compiacere la sovrana.

L’abito, preziosamente ricamato, l’ampio mantello color porpora e il diadema di perle che le incorona il capo, sottolineano il suo potere e il suo ruolo pubblico.

Vicino ai dipinti dedicati ad Elisa campeggia il bellissimo abito, ritrovato a Lucca, con una storia affascinante tutta da scoprire.

Manifattura Imperiale Francese, Abito e Manto di Corte di Elisa Bonaparte Baciocchi, Francia, 1806-1809 ca.
Lucca, Museo Nazionale di Palazzo Mansi.
Abito: Collezione Renata Frediani
Manto: comune di Lucca

Dodici gessi inediti di Antonio Canova

Una sala del percorso espositivo è dedicata a Dodici gessi inediti provenienti dallo studio romano del Canova.

Sono variamente rappresentati i ritratti dei membri della famiglia Bonaparte, teste di alcuni dei maggiori capolavori di Canova come Ebe, Tersicore o la Venere Italica.

Particolare attenzione meritano i volti di Paride e Beatrice, quest’ultimo scolpita partendo dal ritratto di Juliette Récamier e modellato nel 1813.

Gessi inediti di Antonio Canova

Questi ultimi due presentano delle piccole borchie, le cosiddette repère, utilizzate dagli sbozzatori dello studio di Canova come punti di riferimento per il trasporto dal gesso al blocco di marmo per la creazione dell’opera.

I gessi rappresentano una tappa fondamentale dell’opera di Canova: sono la vera anima della sua opera, creati dall’artista a seguito della preparazione di bozzetti in creta o studi preparatori eseguiti su tela.

Canova pittore: assolutamente sì!

E questo è forse uno degli aspetti meno conosciuti del grande scultore.

Canova amava dipingere, considerava la pittura un ozio e i suoi dipinti erano conservati nella casa a Roma e non vengono mai venduti.

In mostra alcuni suoi dipinti intessono un dialogo serrato con i gessi.

Après Antonio Canova

Come un fil rouge dipanato nel tempo, la mostra prosegue con l’opera di Lorenzo Bartolini, di cui si espongono i marmi di opere capitali come La fiducia in Dio e La ninfa dello scorpione: opere in cui Bartolini mette in evidenza la sua idea di opera d’arte: come una sorta di Raffaello redivivo, l’ artista si avvale di più modelli contemporaneamente creando un Bello riunito e non Ideale, con l’esplicita volontà di rappresentare la natura in forme elette e adattate al soggetto.

L. Bartolini, La fiducia in Dio, post 1835.
Prato, Galleria di Palazzo degli Alberti, collezione Banca Popolare di Vicenza

Fra altre opere importanti, spicca il nome di Francesco Hayez, presente in mostra con il Ritratto dell’ingegner Giuseppe Clerici, realizzato nel 1876: Hayez sceglie una tavolozza costituita dai bruni, toni dimessi su uno sfondo neutro, cupo, su cui far risaltare l’immagine, non idealizzata dell’effigiato.

Il Bello ideale è ormai un ricordo del passato.

Giuseppe Clerici volge lo sguardo verso lo spettatore, un volto segnato dal passare del tempo solcato da rughe di espressione e dagli occhi liquidi, ma di una profondità straordinaria.

F. Hayez, Ritratto dell'Ingegner Giuseppe clerici
F. Hayez, Ritratto dell’ Ingegner Giuseppe Clerici, 1875-1876. Fondazione Cavallini Sgarbi

Il dipinto presenta, quindi, un’impostazione più sentimentale rispetto alla rigida ritrattistica Neoclassica.

Quella di Hayez è sicuramente una pittura di altissima qualità, attenta a valorizzare i sentimenti nonchè i moti dell’animo, d’altronde la ritrattistica stava già cambiando espressione: basti pensare che in Toscana, con i Macchiaioli e con l’opera di Giovanni Boldini il ritratto ha preso in pieno la via del Realismo, gareggiando con la fotografia.

Ma questa è un’altra storia.

Conclusioni

Una mostra interessante, da non perdere, che rievoca un preciso momento storico e che esalta la figura del grande Antonio Canova e dell’entourage di artisti, soprattutto lucchesi, che a Roma seguirono le teorie del Neoclassicismo ad evidenziare un sentire comune nel fare arte.

La mostra è aperta tutti i giorni dalle ore 10.00 alle ore 20.00, ed è aperta fino al 29 settembre 2024

Per info e biglietti: www.contemplazioni.it

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