Il Museo Stefano Bardini a Firenze è uno scrigno d’arte da riscoprire.

Bisogna arrivare oltrarno per poter ammirare il Museo Stefano Bardini, precisamente in via dei Renai, 37.

Nonostante sia considerata una realtà minore, conserva opere d’arte importanti, fra cui opere di Donatello, di Tino di Camaino, nonchè il famoso Atlante del Guercino.

E’ un museo ecclettico che espone sculture, cornici, dipinti, cuoi d’oro, tappeti, mobili, fra cui molti cassoni.

Il tutto costituisce il lascito testamentario dell’antiquario Stefano Bardini al Comune di Firenze.

Iniziamo a conoscere il grande mecenate che donò alla città la sua collezione

Stefano Bardini

Stefano Bardini nasce a Pieve S. Stefano, in provincia di Arezzo, il 13 maggio del 1836 .

Appassionato d’arte, frequenta l’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove segue i corsi di pittura di Bezzuoli, Servolini e Pollastrini.

Stefano Bardini
Stefano Bardini in una foto d’epoca

Sono questi gli anni in cui Firenze si prepara alla grande rivoluzione artistica attuata dai Macchiaioli toscani, fermenti stimolanti anche per Bardini anche se non tali da indurlo ad entrare nel gruppo.

Abbandonata la pittura, decide di imparare l’arte del restauro per arricchirsi con il commercio antiquario.

Non è un caso.

Firenze e le sue piazze, in quegli anni, pullulano di antichità: statuette, piccoli oggetti di alto valore che sono però considerati come delle semplici anticaglie.

Ma Bardini guarda lontano e continua a seguire il mercato antiquario già, forse, con l’intenzione di aprirsi una Galleria tutta sua.

A questo proposito fondamentale è stata l‘ Esposizione Nazionale del 1861, tenutasi nella stessa Firenze, in cui Bardini ha modo di confrontarsi con l’ecclettismo imperante nel mondo dell’arte.

Stefano Bardini antiquario

Tricca e il Ciampolini a Firenze, nonchè i Castellani, antiquari e orafi di Roma, fanno scuola al giovane apprendista.

Verso il 1870 entra in contatto con Wilhelm von Bode, all’epoca assistente alla direzione della collezione di antichità e della pinacoteca dei Regi Musei di Berlino, che lo introduce nel mondo dei grandi magnati tedeschi.

Inizia, quindi, ad acquistare opere per il futuro Kaiser Friederich Museum di Berlino.

Nel 1880 Bardini, ormai diventato a pieno titolo antiquario, decide di aprire il proprio negozio di esposizione a Firenze sui resti dell’antico convento di San Gregorio della Pace dando forma, fra il 1881 e il 1883, al nuovo palazzo.

Alla vigilia della prima Guerra Mondiale decide di chiudere il negozio di Piazza de’ Mozzi.

Licenzia tutti i dipendenti e si dedica ad organizzare la sua personale Galleria da destinare alla città.

Bardini muore il 12 settembre del 1922.

Due giorni prima stilò il testamento mediante il quale lasciava il Palazzo di Piazza dei Mozzi e tutta la sua collezione di opere d’arte a Firenze.

Ma le cose non filarono lisce.

Un nuovo Museo per la città di Firenze

La città non apprezzò nè il lascito, nè l’organizzazione e l’esposizione delle opere.

Di conseguenza la Galleria venne modificata in un nuovo Museo, denominato Museo Civico, inaugurato il 3 maggio del 1925.

All’epoca vennero scialbate le pareti per coprire il caratteristico Blu Bardini che arricchiva le pareti ai tempi dell’antiquario. Al suo posto le pareti si ricoprirono con un insignificante color ocra.

Fortunatamente nel 1999 venne creata una Commissione con l’incarico di dare un nuovo assetto al museo grazie a lavori di restauro e ammodernamento.

La commissione decide di riproporre l’intera collezione Bardini e, soprattutto, di ripristinare l’ inconfondibile colore Blu alle pareti.

Nascita dell’edificio

Bardini costruisce il Palazzo che oggi ospita il museo nel 1880, accorpando edifici di varie epoche, fra i quali l’ ormai sconsacrata chiesa di S. Gregorio della Pace.

L’antiquario con la collaborazione dell’architetto Corinto Corinti, trasforma questi edifici in un imponente palazzo di gusto ecclettico.

Per la costruzione utilizza pietre medievali, rinascimentali, architravi scolpite, camini, scalinate e, per le mostre delle finestre del primo piano, edicole degli altari provenienti dalla chiesa di S. Lorenzo di Pistoia.

Il complesso era molto vasto in quanto comprendeva anche il duecentesco palazzo dei Mozzi, con il parco storico (Giardino Bardini), dotato di una vista magnifica nel quale si trovava una villetta (villa Bardini) con una loggia panoramica.

Al piano terra, l’orto del convento diventò la sede di un lapidario, oggi la Sala della Carità.

All’epoca Bardini acquistò da un palazzo del Veneto un maestoso soffitto ligneo che venne tutto traforato per permettere l’afflusso della luce dall’alto, secondo le indicazione fornite da Canova che suggeriva un’ illuminazione dall’alto per le sculture a tutto tondo.

Museo Bardini, Sala della Carità
Museo Bardini, Sala della Carità, si nota il soffitto ligneo traforato per permettere un’ illuminazione diffusa della sala

Uno scrigno delle meraviglie

Entrare all’interno del Museo è come fare un viaggio indietro nel tempo.

Le sale, dalle pareti definite dal prezioso Blu, espongono al loro interno diversi manufatti.

Spicca subito all’occhio l’imponente scalone neocinquecentesco le cui pareti sono ricoperte da tappeti orientali antichi.

Museo Bardini, scalone Monumentale.
La suggestiva immagine dello scalone neocinquecentesco con la collezione di tappeti orientali antichi

Questi ultimi erano di moda alla fine del XIX secolo non solo in virtù del gusto ecclettico che era allora imperante, ma anche perchè il mercato ne era ricco.

Un ambiente che cattura subito l’attenzione è il mezzanino detto anche Sala delle Madonne: al centro spicca lo splendido Crocefisso in legno policromo della seconda metà del XV secolo.

Museo Bardini, sala delle Madonne
Museo Bardini, Sala delle Madonne, cassoni nuziali
Mseo Bardini Crocefisso Ligneo
Museo Bardini, Crocefisso, seconda metà XV secolo
Museo Bardini, Madonne, terracotta policroma

La sala si caratterizza per una grande varietà di cassoni nuziali, intagliati e dipinti, che erano alla base dell’arredamento dei Palazzi del Rinascimento.

Altra particolarità: la collezione di Madonne con Bambino in terracotta.

Grazie alla ripresa di questa tecnica da parte di Ghiberti, l’immagine della Vergine con il Bambino sostituì gradualmente i Crocefissi presenti nei tabernacoli trecenteschi.

Bardini raccolse numerose repliche di Madonne con Bambino e le appese alle pareti del suo palazzo in Piazza de’ Mozzi, oggi esposte all’interno del Museo.

Alcune opere principali del Museo

Lo scopo degli articoli del blog è quello di farvi conoscere ed entrare virtualmente all’interno di queste realtà e, come ho sempre detto, farvi viaggiare nei secoli.

E’ chiaro quindi che in questa sede non posso menzionare tutte le opere presenti all’interno, ma ce ne sono alcune che sono talmente importanti che non si possono non menzionare.

Per il Museo Bardini, imprescindibili sono la Carità di Tino da Camaino, La Madonna dei Cordai e La Madonna della Mela di Donatello.

Museo Bardini, Carità
Tino di Camino, Carità, secondo decennio XIV secolo.
Firenze, Museo Bardini

Collocata nella chiostrina, la Carità di Tino da Camaino è uno splendido capolavoro eseguito dall’allievo di Giovanni Pisano.

Anche se il soggetto è stato spesso messo in discussione fra gli studiosi, molto probabilmente allude all’allegoria della Carità, spesso rappresentata come una figura femminile in atto di allattare.

La scultura è lavorata solo davanti, questo indica che faceva parte di un complesso monumentale di cui non si è purtroppo rinvenuta traccia.

Tino da Camaino è un artista che cerca di piegare ad un linguaggio personale gli insegnamenti di Giovanni, temprando la forte espressività del pisano in un linguaggio più pacato.

I contrasti di luci ed ombra sono meno violenti, in quanto il modellato presenta una dolcezza di mano che non taglia le pieghe in modo violento ma dolce, permettendo graduali passaggi di luce ed ombra.

Splendide la due Madonne di Donatello rispettivamente la Madonna dei Cordai e la Madonna della mela.

Museo Bardini, Madonna dei cordai
Donatello, Madonna dei cordai, terzo decennio del XV secolo. Firenze, Museo Bardini. Stucco policromo e colorato posto su anima di legno, tessere di cuoio argentate, meccate e ricoperte di vetro
Madonna dei cordai, part.
Donatello, Madonna della mela, 1420-1422.

Terracotta policroma. Firenze, Museo Bardini

Donatello al Museo Bardini

Nella Madonna dei cordai colpisce subito l’eterogeneità de materiali usati da Donatello cosa che non stupisce affatto data la spiccata passione di quest’ultimo nel provare tecniche differenti.

L’opera infatti è adagiata su un supporto ligneo intagliato su cui poggia la decorazione dello sfondo costituita da quadratini di pelle argentata e meccata e ricoperti di vetro; le figure sono modellate in stucco policromo, riempite di coccio pesto.

La Vergine volge teneramente lo sguardo verso il piccolo che allunga la manina verso la madre.

La reciprocità degli sguardi è incorniciata da un gioco di corde, ideato da cinque putti, posti sullo sfondo. Probabile riferimento ad una committenza da parte della Compagnia dei cordai o, anche, un richiamo alla congregazione di flagellanti legata alla chiesa di Santa Croce.

Un atteggiamento molto intimo fra Madre e Figlio lo troviamo anche nella Madonna della Mela, realizzata in terracotta policroma.

La Madre è intenta ad offrire una mela al Figlio, allusione alla futura passione di Cristo.

L’opera presenta un modellato verticale con il blocco delle figure scontornato e privo di fondo, cosa che indica la probabile collocazione originaria dentro una nicchia.

I cuoi d’oro

Un’ altra categoria di oggetti molto ben rappresentata sono i Cuoi d’oro.

Museo Bardini, Cuoi d’oro

L’origine di queste manifatture risale all’ XI secolo quando gli artigiani spagnoli perfezionarono la tecnica della concia del cuoio.

Questi manufatti sono caratterizzati da una superficie in pelle decorata con una foglia d’argento e coperta con un protettivo per evitarne l’ossidazione.

La superficie decorata è arricchita con rilievi impressi da punzoni e infine dipinta con colori ad olio.

Fra il XV e il XVII secolo anche in Italia si diffonde l’interesse per questo tipo di produzione, e Firenze non fa eccezione.

Inizialmente l’arte del cuoio dorato si diffonde in ambito ecclesiastico, per essere successivamente introdotta nelle dimore private al fine di creare particolari elementi di arredo e decoro.

Nei palazzi fiorentini del XV secolo i cuoi sono considerati beni di gran lusso, in quanto utilizzati come finiture per letti o decoro di pareti.

Cosimo I aumentò ancora di più l’importanza di questi oggetti.

E infine … altri due capolavori

Oltre alle varie e splendide tipologie di cornici, il Museo conserva altri due capolavori, rispettivamente l’Atlante del Guercino che spicca nella saletta omonima e l’originale Cinghiale di Pietro Tacca, la cui copia, il famoso Porcellino, si trova collocata nella Loggia del Mercato Nuovo.

Guercino, Atlante, 1646. Firenze, Museo Bardini
Pietro Tacca, Cinghiale, 1620-1633. Firenze, Museo Stefano Bardini

Avere collocato all’ interno di un Museo l’originale la cui copia si trova in città, ci permette di capire come questi musei nascono in sintonia e in relazione con la storia della città stessa.

Ecco perchè, spesso, è bene accoppiare una visita in luoghi mirati della città accostandola alla visita di queste realtà museali più piccole, ma ugualmente ricche di fascino che non hanno nulla da invidiare rispetto ai grandi “colossi”, come possono essere gli Uffizi, il Museo del Bargello, l’Accademia e molti altri.

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