Una pittura chiara, dolce, liscia, ben finita: la seta: seta, la paglia: paglia, il legno: legno, le scarpine lucide di copale, lucide come le so fare soltanto io.

Con queste parole Vittorio Corcos sottolinea la propria soddisfazione nell’aver raggiunto il massimo grado di bravura nel rendere, in ogni suo ritratto, qualsiasi materiale, arricchendo in questo modo l’arte del ritratto.

Sono tanti gli attributi usati per definire il grande pittore livornese ma, forse, quello che calza meglio è sicuramente quello di peintre des jolies femmes.

Splendidi i suoi ritratti di donne altolocate e non solo, definiti da una pittura precisa, lenticolare nella definizione dei particolari, ritratti che gareggiano con la nascente fotografia.

Scopriamo insieme la vita di quest’ artista straordinario.

Vittorio Corcos Autoritratto
Corcos, Autoritratto, 1913. Galleria degli Uffizi

Vittorio Corcos, biografia

Vittorio Corcos nasce a Livorno il 4 ottobre del 1859.

Fin da subito manifesta una propensione per il disegno tanto che giovanissimo si trasferisce a Firenze per iscriversi all’Accademia di Belle Arti dove, dal 1846, insegna un altro livornese Enrico Pollastrini.

L’insegnamento di stampo purista di Pollastrini non soddisfa però il giovane Corcos tanto che decide di trasferirsi a Napoli e di seguire gli insegnamenti di Domenico Morelli.

Corcos amava infatti una pittura diretta, improntata sulla resa del reale, della verità, una pittura creata dal vero, veloce e senza correzioni.

Risalgono a questo periodo opere come l’Arabo in preghiera o Il boia, quest’ultimo rappresentato a grandezza naturale e definito da pennellate larghe e sicure.

Nel 1880, su suggerimento di Morelli, Corcos si trasferisce a Parigi dove, anche lui come Boldini, inizia a lavorare presso il mercante d’arte Goupil, al quale si lega con un contratto quindicinnale.

Contemporaneamente frequenta in maniera saltuaria lo studio di Léon Bonnat, ricercatissimo ritrattista dell’alta borghesia parigina che trasmette a Corcos l’immagine dell’artista di successo, assediato nel suo studio dalle pressanti richieste di un’ élite propensa a farsi ritrarre per rendere l’immagine eterna.

Nel 1881 inizia ad esporre al Salon, immancabile appuntamento parigino a cui i pittori non si sottraggono, e che portò un notevole successo al Nostro.

Successo ripetuto un anno dopo, al Salon del 1882 in cui presenta, fra gli altri, Lune de Miel e, nel 1885, un grande Ritratto di dama molto lodato dalla critica.

Corcos: le peintre des jolie femmes

E’ da quel momento che il pittore viene soprannominato peintre des jolie femmes, che richiama il modo in cui l’artista si esprime nei ritratti femminili vicini, ma con uno stile differente, a quelli di Boldini e De Nittis.

Risalgono a questi anni due opere importanti con Bonheur, del 1884, e Lune de Miel, del 1885.

Vittorio Corcos, Bonheur
Corcos, Bonheur, 1884. Viareggio, Società di Belle Arti
Vittorio Corcoa, Lune de Miel
Corcos, Lune de Miel, 1885. Collezione privata

Nel primo l’artista ci rappresenta, con uno stile un pò zuccheroso sulla scia della volontà di Goupil, una scena di battesimo. La mamma tiene in braccio il piccolo che cattura gli sguardi di tutti i presenti.

Tipica della pittura di Corcos la ricercatezza dei dettagli, dalla perfezione nella resa degli abiti, dei fiocchi, alla sedia di paglia, di vera paglia, alle scarpine di vernice nera che brillano sotto i sapienti tocchi di luce definiti dal pennello dell’artista.

Un tono affettato e galante lo troviamo in Lune de Miel, con lo sguardo della ragazza che, languido, si posa su quello dell’innamorato che l’avvolge in un tenero abbraccio.

Nel 1886 Corcos torna in Italia per il servizio militare; nello stesso anno partecipa all’Esposizone di Livorno a cui parteciparono quasi tutti i Macchiaioli, insieme ai pittori meridionali, romani e lombardi.

Un anno dopo, nel 1887 sposa Emma Ciabatti, vedova Rutigliano, e si stabilisce definitivamente a Firenze salvo recarsi temporaneamente a Parigi o a Londra per lavoro.

I ritratti della fine degli anni Ottanta

Risalgono alla fine degli anni Ottanta opere straordinarie come La figlia di Jack la Bolina del 1888 e, di un anno dopo, il Ritratto di Emma Ciabatti e di Jorick.

Corcos, La figlia di Jack la Bolina, 1888. Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti
Corcos, Ritratto di Emma Ciabatti, 1889. Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori

Nello splendido ritratto di Elena Vecchi, che ritroveremo anche in Sogni, la figlia di Jack la Bolina (pseudonimo di Augusto Vecchi, amico del pittore e scrittore di romanzi ambientati in marina) è ritratta in piedi, vicino ad uno steccato in compagnia del fedele cane.

E già qui si nota tutta l’eleganze innata di Corcos nel rendere le immagini femminili.

Appoggiata allo steccato, Elena volge lo sguardo verso lo spettatore.

Spicca subito l’eleganza dell’abito con la “ricchezza” raccolta dietro, secondo la moda che dagli anni Settanta dell’Ottocento fa abbandonare l’ingombrante crinolina a favore di un sellino allacciato in vita e con un rigonfiamento posteriore, dove si raccolgono i metri e metri di stoffa, trine e merletti degli abiti (ne parlo nel mio articolo sulla moda al tempo di Boldini).

Da notare la raffinatezza dei guanti che percepiamo in pelle, e la classe con cui la donna sorregge l’ombrellino.

Emergono già in quest’opera i caratteri peculiari di Corcos: una pennellata analitica che definisce i dettagli, la resa precisa delle stoffe, la rappresentazione della realtà, nonchè l’esaltazione della bellezza femminile.

Sono d’altronde queste le caratteristiche che troviamo anche nel ritratto della moglie, Emma Ciabatti.

Corcos, Ritratto di Emma Ciabatti

La tenue luce soffusa che inonda il volto di Emma, mette in evidenza i due occhi scuri, profondi, di questa donna assolutamente colta che scrive componimenti, frequenta poeti e intellettuali come Pascoli e D’ Annunzio.

E’ la stessa luce che esalta l’elegante mantellina bordata di pelliccia nera, nonchè la spilla che ferma la piuma sul copricapo.

Gli occhi. Fondamentali in Corcos. Lo dice l’artista stesso:

“In un ritratto quello che contano sono gli occhi; se quelli riescono come voglio io, con l’espressione giusta, il resto viene da sè”.

Pietro Coccoluto Ferrigni: Yorick

Corcos, Ritratto di Yorick, 1889.
Livorno, Museo civico Giovanni Fattori

Ritratto mentre passeggia lungo una strada, Yorick, pseudonimo di Pietro Coccoluto Ferrigni, tiene in mano una sigaretta accesa.

Chiuso nel cappotto marrone, bombetta e sguardo fisso davanti a sè, l’uomo è ritratto di profilo, lo sguardo severo sotto i folti baffi che ne incorniciano la bocca.

Un ritratto che si distacca, quindi, dalla formalità dell’Accademia, per rendere una tranche de vie, accompagnata da una nota di sapiente realismo: nel muro dell’abitazione vicino al quale Yorick si è fermato, notiamo i graffiti disegnati, frai quali spicca la firma ADA, la figliastra di Corcos.

Non il classico ritratto ufficiale, ma un’istantanea tracciata con pennellate veloci che non per questo tralasciano la cura per i dettagli.

Un Corcos che sa trasmettere non solo la bellezza e la raffinatezza delle belle donna, ma anche una sapiente ironia.

Un grande capolavoro: Sogni

Se c’è un’opera che identifica il Nostro è proprio Sogni, l’immagine per eccellenza della donna moderna, disinibita.

Corcos, Sogni, 1896. Roma, Galleria D’Arte Moderna

Una donna moderna, disinibita, Elena Vecchi.

Essa siede su una panchina, la gamba accavallata, una mano che sorregge il volto.

Uno sguardo perso nel vuoto, cerca di osservare lo spettatore.

A cosa sta pensando Elena? Ad un amore nascente, o ad un amore ormai morto?

Grandi desii e languidi pensieri si annidano in fondo a quegli occhi, liquidi, profondi.

Le labbra rosse tumide di profondi desideri.

Vicino a lei i libri delle edizioni Flammarion con le famose copertine gialle.

Una donna che legge.

Corcos ci lascia un ritratto assolutamente moderno, di una donna disinibita, sicura di sè, moderna, spregiudicata, emancipata e indipendente, che fece scandalo quando l’opera fu esposta alla Festa dell’Arte dei Fiori del 1896.

Un’ immagine che fece impallidire anche i numerosi corteggiatori della donna che, subito, iniziano a prendere le distanze dalla stessa. Tanto che i familiari si affrettano a ritirare dal mercato le cartoline con la “pericolosa” effige.

Vicino ad Elena, sulla panchina, oltre ai libri, la donna ha posato l’ombrellino ed il cappello di paglia.

Un tralcio verde, in alto, quasi incornicia il capo della ragazza. Una sorta di sipario sul muro scrostato.

Un’opera di un realismo straordinario, velato di una luce soffusa che non manca di mettere in evidenza le occhiaie sotto gli occhi della stessa.

La luce gioca con le pieghe della veste, ne definisce i panneggi.

Un’ immagine perfetta che diventa il simbolo di un’epoca, quella della Belle époque.

Corcos ritrattista mondano

La contessa Carolina Sommaruga Matteini, ci guarda dal centro della grande tela.

Corcos, La contessa Carolina Sommaruga Matteini, 1901. Fondazione per l’Istituto Svizzero di Roma.

Il volto si staglia contro la tenda rosa sollevata a far intravvedere la parete alle spalle della stessa.

Sguardo languido, acconciatura elegante, il pennello dell’artista ci rende in maniera impeccabile la percezione tattile del tulle nero con ricami a paillettes che decora l’abito in taffetà rosa.

Splendida la collana a più giri di perle che richiama il pendente all’orecchio.

Corcos è talmente preciso nella resa dei dettagli che riusciamo a percepire la morbidezza della pelliccia che fodera il mantello azzurro che la stessa tiene in mano.

Un ritratto elegante, ricercato, di quelli che l’elite dell’epoca richiedeva al maestro.

Come confidava lo stesso Corcos al Targioni Tozzetti “Il ritratto di un uomo deve sempre rappresentare con evidenza la posizione sociale che esso occupa nel mondo. Un ritratto di donna deve sempre renderla provocante, anche se ottantenne”.

La contessa è perfettamente conscia della sua bellezza. Si mette in posa. si fa ammirare.

Come si fa ammirare anche Jole Moschini Biaggini, moglie dell’ allora sindaco di Padova, Vittorio Moschini.

Corcos, Ritratto di Yole Moschini Biaggini, 1901.

Jole è pronta per uscire.

Fasciata nello splendido abito verde con la giacchetta attillata bordata di pelliccia nera. Tiene in mano un ombrellino, sinonimo di eleganza.

Volge lo sguardo verso lo spettatore, è pronta a farsi ammirare.

Donna colta ed elegante, il suo salotto nella villa di Stra era tra i più ricercati.

Vi si ritrovavano Gabriele D’Annunzio, Pietro Mascagni e Ugo Ojetti.

Antonio Fogazzaro rimase folgorato dalla sua bellezza, tanto che si ispira a lei per creare il personaggio di Jeanne Dessalle nel suo romanzo Piccolo mondo moderno.

Altrettanto splendido il Ritratto di Lina Cavalieri.

Corcos, Ritratto di Lina Cavalieri, 1902. Bozzetto per la redazione finale datata 1903.

Definita da D’Annunzio la massima testimonianza di Venere in terra, la donna è ritratta dal pittore in un elegante abito di scena con strascico definito da paillettes luminose.

Il bozzetto presenta una dedica di Corcos a Pietro Lanza marchese d’Ajeta.

Castiglioncello

A Castiglioncello, un piccolo borgo marittimo della costa livornese il pittore, verso la fine del XIX secolo, si fa costruire una villa, dove trascorre i mesi estivi insieme alla famiglia e agli amici, tra i quali anche D’Annunzio.

La veduta del mare dalla villa ispirò la realizzazione di un notevole dipinto dal sapore prettamente estivo: In lettura sul mare, datato 1910.

Corcos, In lettura sul mare, 1910. Collezione privata

La ragazza seduta sulla sedia è Ada, la figliastra del pittore.

Lo sguardo della giovane è ancora una volta impenetrabile, ma nello stesso tempo trasmette languore e inquietudine.

Esso diventa il fulcro magnetico dell’intera composizione.

Ancora una volta è l’immagine di una femminilità forte, quella che ci restituisce il pittore.

Vicino a lei, i due ragazzi non incrociano il nostro sguardo, nè tantomeno si incrociano fra di loro.

Tutti vestono di bianco, il colore della villeggiatura, delle passeggiate al mare.

La luce risplende attraverso le tonalità sia calde che fredde del bianco degli abiti, esaltando la consistenza dei tessuti.

Vicino ad Ada, ancora i libri delle famose edizioni parigine Flammarion, tanto di moda all’epoca.

Sullo sfondo si estende il mare di Castiglioncello, splendente di luce.

L’artista ci restituisce une trance de vie dell’epoca, un’immagine ferma, che blocca il tempo rendendolo eterno.

Il ritratto di Maria José

Fredda, altera, perfetta.

Così Corcos ritrae Maria José, moglie di Umberto II di Savoia, principessa del Piemonte.

Corcos, Ritratto di Maria José, 1931. Collezione privata

Un donna di altissimo spessore culturale, educata per essere regina, fin dalla più tenera età.

La donna è ritratta di profilo con il corpo, ma il volto è girato verso lo spettatore.

Vicino, una colonna con una tenda a drappo, movimenta lo sfondo del dipinto.

L’opera è tutta giocata sui toni del bianco, della pelliccia di ermellino, e dell’azzurro dell’abito.

Lo sguardo è diretto e felice, tipico di una giovane sposa, fiduciosa nel futuro.

Gli occhi azzurri, sono di una trasparenza e di una profondità incredibile.

Ho avuto la fortuna di vedere quest’opera da vicino e, credetemi, sono occhi vivi, veri, impressionanti.

Così come sono vive le labbra rosse che risaltano nell’incarnato bianco, insieme ai gioielli indossati, la corona e l’anello, simbolo del matrimonio reale celebrato l’anno prima.

Gioielli che sembrano fuoriuscire dal dipinto tanto sono veri, reali, quasi tridimensionali.

Osservare le opere di Vittorio Corcos dal vivo ti permette di entrare nella vita dei personaggi ritratti e loro, contemporaneamente, ti entrano dentro, ti penetrano nella carne tanto sono vivi e perfetti.

L’artista varia la pennellata a seconda dei soggetti da trattare. Sommaria e veloce nella resa del paesaggio, lenticolare nella resa dei dettagli che diventano talmente vivi e prefetti da sembrare quasi tridimensionali.

“Bell’ uomo lindo ed elegante, la memoria sicura, le maniere squisite, senza pose d’artista, Vittorio Corcos era fatto, come la sua pittura, per piacere. E’ il pittore delle eleganze femminili, così come è il pittore di tutte le eleganze“.

Così i critici dell’epoca definivano l’opera del grande artista. E personalmente non posso che sposare questa tesi.

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