Biografia e opere del celebre Giovanni Fattori, artista che ha fatto parte del gruppo dei Macchiaioli Toscani.

Giovanni Fattori nasce a Livorno il 6 settembre 1825 da Lucia Nannetti, fiorentina, e Giuseppe Fattori.

Lasciò presto la scuola elementare e iniziò a lavorare nella banca d’affari del fratello Rinaldo.

Ben presto rivelò una vocazione per il disegno tanto che la famiglia gli fece frequentare la scuola privata di Giuseppe Baldini.

L’alunnato presso Baldini però non si rivelò fruttuoso tanto che nel 1846, a ventun anni, si trasferì a Firenze dove si iscrisse all’Accademia di Belle Arti e studiò sotto la guida di Giuseppe Bezzuoli.

Neanche l’insegnamento accademico lo soddisfò a causa del metodo adottato: solo copia dall’Antico.

Un metodo d’insegnamento che, almeno per alcuni giovani artisti d’avanguardia, non era più tollerato.

Come istituzione l’Accademia stava infatti decadendo e, dalle sue ceneri, inizia a nascere la Società Promotrice, sede di mostre innovative rispetto a quelle ufficiali.

Nonostante la voglia di novità che si espliciterà in pieno con la nascita del movimento dei Macchiaioli, in città facevano ancora scuola Pollastrini, anch’egli livornese, e Bartolini all’Accademia.

La grande svolta di Fattori e l’incontro con i Macchiaioli

L’incontro con i Macchiaioli ha dato il via ad un cambiamento già percepito come necessario dall’artista stesso.

Cambiamento che è pienamente visibile nel suo Autoritratto eseguito nel 1854. Fattori si presenta girato di tre quarti, il ciuffo di capelli ancora mosso dallo scatto della testa, in mano tiene la tavolozza con i pennelli a

Giovanni Fattori, Autoritratto
G. Fattori, Autoritratto, 1854. Firenze, Palazzo Pitti

sottolineare lo status di pittore. Splendido il tocco di bianco che definisce il colletto rialzato della camicia, mentre la giacca è definita da pennellate liquide che creano anche il nodo della cravatta.

Giovanni Fattori e la pittura di storia

E’ risaputo che i temi predominanti dell’Accademia sono ancora, in quegli anni, la pittura di storia antica, la mitologia e il ritratto.

Al filone storico si accosta subito anche Fattori alternando nelle sue opere elementi tratti da Bezzuoli e altri da Pollastrini.

E’ di questi primi anni il magnifico dipinto Maria Stuarda al campo di Crookstone, un soggetto che rievoca la pittura storica di spirito romantico che privilegia soggetti tratti dalla storia medievale o rinascimentale, basandosi spesso su fonti letterarie.

Giovanni Fattori, Maria Stuarda al campo di Crookstone
G. Fattori, Maria Stuarda al campo di Crookstone, 1861. Firenze, Galleria d’arte Moderna di Palazzo Pitti

Un anziano Fattori ricorda nelle sue lettere come, in quegli anni, impazziva per trovare i costumi storici per una resa fedele e puntuale dei fatti.

Sono anni in cui il Nostro frequenta il Caffè Michelangelo prendendo parte alle discussioni dei Macchiaioli su come rinnovare la pittura di storia.

A differenza di molti colleghi, Fattori non partecipa alle guerre di indipendenza, ma segue con trepidazione lo svolgersi degli eventi.

Sappiamo, per esempio, che ogni mattina si recava nell’accampamento militare dove stanziavano i soldati francesi di Girolamo Bonaparte per osservarli dal vero.

Osservazioni, schemi, schizzi che confluiscono nel famoso Taccuino detto del << ’59 >> che registra il metodo di presa diretta del soggetto, pratica ormai diffusa presso tutti i Macchiaioli.

I risultati sono strabilianti e assolutamente innovativi, ragion per cui questa tavoletta e, altri suoi lavori che seguirono, non furono capiti, in quanto scambiati per bozzetti piuttosto che opere terminate.

G. Fattori, soldati francesi del 59
G. Fattori, Soldati francesi del ’59, 1859-1860. Viareggio, Istituto Matteucci

Si tratta di una pittura eseguita con una tecnica calibratissima, definita da piccoli colpi di pennello, la Macchia, appunto, accostati uno vicino all’altro a creare l’immagine che, ovviamente, è senza particolari.

In Soldati francesi del 59 due piani di colore ortogonali fra di loro, e una semplice linea azzurra a indicare il cielo, definiscono lo spazio in cui sono schierati i soldati. Ombre nette si stagliano sul terreno a definire la posizione degli stessi.

Si tratta di uno spazio semplice, essenziale, che ritroveremo anni dopo nell’opera In vedetta.

Nonostante questa secchezza dell’immagine, Fattori è perfettamente riuscito a rendere il senso di spaesamento dei soldati in attesa di ordini.

In che modo il Nostro arrivò a trattare soggetti di storia contemporanea?

Si racconta che fu il pittore Nino Costa, pittore romano di paesaggio che si trovava a Firenze che, una volta diventato suo amico, lo consiglia di lasciar perdere la pittura di storia antica, per raccontare fatti di storia contemporanea.

Fattori non ci pensa due volte.

Abbandona il soggetto che stava creando, una scena medicea non meglio precisata, gira la tela e vi dipinge la Carica di Cavalleria a Montebello, oggi a Villa Mimbelli, Museo Civico di Livorno.

G. Fattori, Carica di cavalleria a Montebello, 1862.
Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori

E’ così che inizia il lungo cammino dell’artista nella registrazione e rievocazione di episodi di storia contemporanea.

Pensate che addirittura il viaggio di nozze lo passa nei luoghi teatro di scontri della seconda guerra di indipendenza.

Seguendo il filone della storia contemporanea si arriva al grande capolavoro In vedetta con quel muro bianco calcinato di sole che ci impedisce di vedere al di là di esso.

Giovanni Fattori, In vedetta
G. Fattori In vedetta, 1872. Collezione privata

Su questo splendido muro bianco si staglia netta l’ombra del soldato che lentamente sta avanzando; altri due, in lontananza, li scorgiamo uscire dal muro; essi si stagliano contro un cielo azzurro che degrada in profondità. Ancora una volta Giovanni Fattori adotta la tecnica sintetica della macchia con cui rendere i particolari dei sassi e le deiezioni dei cavalli.

Il paesaggio è scabro, inondato dalla luce solare che rievoca quasi il senso metafisico del mistero.

Giovanni Fattori e il rinnovamento del ritratto

Il rinnovamento attuato dai pittori Macchiaioli copre tutti i generi pittori, anche quello del ritratto.

Fra i numerosi ritratti eseguiti dal Nostro, ho scelto il Ritratto della cugina Argia del 1861 e quello della prima moglie del 1865.

Giovanni Fattori, La cugina Argia
G. Fattori, Il ritratto della cugina Argia, 1861.
Firenze, Palazzo Pitti, Galleria d’Arte Moderna
G. Fattori, Ritratto della prima moglie
G. Fattori, Ritratto della prima moglie, 1865.

Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea

Già nel Ritratto della Cugina Argia notiamo alcune novità nonostante la pennellata corposa e serica ancora legata all’insegnamento di Bezzuoli.

Ma il modo tradizionale di eseguire il ritratto è rinnovata dalla resa dello sguardo incisivo della donna che fissa lo spettatore girata di tre quarti e seduta su una sedia la cui ombra si staglia sul muro bianco.

La parete è resa con pennellate sommarie a rendere l’intonaco, mentre la profondità e il senso del volume sono definiti dall’ombra della testa e dello schienale della sedia sul muro.

L’ abito, poi, è eseguito con pennellate sommarie mentre tasselli bianchi accostati fra di loro definiscono le maniche della camicia.

Tocchi di luce illuminano le pupille della donna rendendone più incisivo e intenso lo sguardo.

Nel 1860 Giovanni Fattori sposa la sua amata Settimia Vannucci che conosce dal lontano 1854.

Un anno dopo del matrimonio la donna si ammala di tisi, tanto che nel tentativo di farle respirare l’aria salubre di mare, Fattori decide di tornare nella sua amata Livorno.

Nel ritratto della moglie Fattori coglie, con uno sguardo lucido e attento, i segni della malattia.

Il volto è pallido, emaciato, le mani scarne, l’abito troppo abbondante – di cui l’artista ci rende i nastri che lo decorano – cerca di nascondere un corpo deperito dal male.

Il Nostro guarda in faccia la realtà e indugia sui segni della malattia della moglie. La pallida figura, di contro, si staglia contro il fondo color mattone e la spalliera della poltrona, ricoperta da un’elegante tappezzeria

Fattori a Livorno: la Rotonda dei bagni Palmieri

Come già accennato, un anno dopo il matrimonio, nel 1861, Settimia si ammala di tisi tanto che Fattori decide di tornare a Livorno nella speranza che l’aria di mare possa giovare alla salute della donna: è in questi anni che nasce un celebre capolavoro come La rotonda dei Bagni Palmieri, opera che insieme al ritratto della moglie, terrà sempre con sè.

Giovanni Fattori, La rotonda dei Bagni Palmieri
G. Fattori, La rotonda dei Bagni Palmieri, 1866. Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti.

Un’opera che è la più completa espressione della tecnica della Macchia.

Sappiamo che anche la realizzazione di questo dipinto comportò la creazione di numerosi studi preparatori, confluiti anch’essi in taccuini da disegno.

L’opera, una tavoletta dalle dimensioni piccolissime 12 cm / 35 cm, ritrae la moglie che insieme alle amiche sta passando delle ore liete nella celebre Rotonda di fronte al mare.

Si tratta di una pittura meditatissima, concretizzata nell’elaborazione di una sintesi spaziale di forma-colore.

La composizione è risolta per piani cromatici accostati fra di loro che delimitano la zona della Rotonda, del mare, della costa livornese e del cielo.

Piccole sezioni di colore, quasi tessere di un mosaico accostate fra di loro, definiscono le immagini delle donne e, nonostante la secchezza della resa pittorica che non si perde in particolari e orpelli decorativi, rendono l’atmosfera, gli abiti, e il tono sommesso della conversazione.

Giovanni Fattori fra Castiglioncello e Livorno

Nel 1867 a seguito della morte di Settimia, Fattori si reca spesso a Castiglioncello nella tenuta di Diego Martelli, il critico dei Macchiaioli che ospita diversi artisti nella sua grande dimora al fine di agevolare le loro ricerche sulla luce e sul paesaggio.

Sono anni in cui gli artisti Macchiaioli portano a compimento l’altra grande rivoluzione nel campo della pittura di paesaggio.

A questo proposito, Borrani, Fattori, Sernesi, Abbati, ospiti di Martelli, tavolozza sotto il braccio, tele, pennelli e colori si recano nella vasta pineta a studiare en plain air gli effetti della luce reale.

E’ opportuno mettere, quindi, in evidenza che i Macchiaioli, a differenza degli Impressionisti, hanno una pittura lenta e meditata, fatta di studi e schizzi preparatori che si differenzia assolutamente da quella immediata (cogliere l’attimo) dei colleghi francesi che, peraltro, a questa altezza temporale non avevano ancora inaugurato la celebre mostra del 1874.

Nascono così capolavori straordinari come L’orto di Diego a Castiglioncello e Carro rosso a Castiglioncello di Borrani, Bovi al Carro di Fattori, in cui si utilizzano le famose strette e lunghe tavolette dal formato orizzontale utilizzate per rendere la vastità degli orizzonti che si aprono davanti ai loro occhi.

G. Fattori, Buoi al carro, 1867 ca. Firenze, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Palazzo Pitti

Celebre di questi anni è anche la tavoletta che ritrae Teresa Fabbrini a Castiglioncello: la moglie di Diego è ritratta mentre si sta riposando nella grande tenuta del marito Diego.

Le ricerche di Fattori si esplicitano nella resa dei contrasti luminosi, nelle ombre che si allungano sul terreno in un dipinto in cui il campo della visione si allarga fino all’orizzonte a comprendere la vegetazione sullo sfondo, le chiome degli alberi il cui colore verde si tramuta nel tono azzurrino del mare, nota cromatica che richiama l’abito della donna.

G. Fattori, La signora Martelli a Castiglioncello, 1867.
Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori

Già nel 1865 Fattori aveva creato due capolavori straordinari quali le Acquaiole livornesi e Le Macchiaiole che fecero scandalo non solo per condotta pittorica, ma anche perchè l’artista si permise di utilizzare il grande formato, riservato dagli accademici ai dipinti di storia o alle scene mitologiche, per rappresentare invece delle semplici contadine: non è un caso, quindi, che Fattori dichiarerà apertamente che le boscaiole vennero fuori all’epoca della macchia per far guerra agli accademici e agli storici …

G. Fattori, Le Macchiaiole, 1865. Collezione privata
G. Fattori, Acquaiole livornesi,1865. Collezione privata

Giovanni Fattori: l’epoca della maturità

Nel 1865 il Nostro è a Fauglia ospite della famiglia Gioli e, nello stesso anno, si reca a Parigi con Francesco Gioli, Cannicci e Ferroni.

G. Fattori, Vallospoli, 1875.
Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti
G. Fattori, La torre rossa, 1875. Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori

Creata al ritorno da Parigi, Vallospoli, risente dell’influsso della pittura francese nell’elegante signora che cammina appoggiandosi al suo ombrellino nel sentiero sotto grandi alberi.

La pennellata è sfrangiata, l’artista gioca ancora con la luce che, passando attraverso le fronde degli alberi, getta fasci luminosi sul terreno.

Di altra temperie stilistica è la Torre rossa: la torre si erge isolata sullo sfondo a destra del dipinto. L’opera è creata con un punto di vista ribassato che infonde profondità alla visione concepita per tasselli cromatici accostati, con una stesura magra del colore che lascia intravvedere il legno del supporto.

Del 1880 sono due grandi capolavori: Lo staffato e Lo scoppio del cassone.

G. Fattori, Lo staffato, 1880.
Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti
G. Fattori, Lo scoppio del cassone, 1880. Venezia, Ca’ Pesaro

Due opere straordinarie in cui emerge la potenza pittorica dell’artista. Due opere in cui il pathos del racconto sale di temperatura.

Uno staffato è stato disarcionato dal cavallo in corsa. L’animale non si ferma e l’uomo viene trascinato via velocemente. La scena è ambientata al centro del dipinto, delimitato nelle parti laterali, dalle diagonali dei paracarri sul terreno.

Sulla tavolozza, definita dai marroni e dagli ocra, spicca la nota rossa del sangue dell’uomo su terreno.

Lo stesso tumulto narrativo lo si nota nello scoppio del cassone. Su una strada in pendio, anch’essa segnata dai paracarri, un cassone militare scoppia rovinando addosso ai cavalli e ai soldati che lo conducevano.

Fattori riesce a rendere il tumulto del momento con una pennellata convulsa e agitata che unisce in un tutt’uno uomini e animali, mentre sullo sfondo a destra, i pezzi del carro esplodono invadendo la tela facendoci percepire il rumore assordante dello scoppio.

La grandezza dell’opera di Fattori in questi dipinti sta nell’abilità con cui l’artista riesce a farci entrare dentro la scena e percepire le sensazioni di dolore provato sia dallo staffato che dai soldati travolti.

Non è più una pennellata lenta e meditata, bensì una pennellata veloce mediata dal sentimento di dolore che l’artista vuole farci provare.

Gli ultimi anni

Nel 1882 si reca in Maremma, ospite del principe Tommaso Corsini nella tenuta La Marsiliana.

Il paesaggio della Maremma lo affascina: sono questi gli anni in cui registra momenti di vita quotidiana come il Mercato a San Godenzo, ritrae i famosi Butteri che descrive come uomini raccapriccianti con la pelle bruciata dal sole, barba lunga e occhi piccoli, minuti dallo sguardo penetrante.

Soprattutto rimane impressionato, come scrive alla futura seconda moglie, dalla Marcatura dei torelli in Maremma in cui descrive la feroce lotta fra l’uomo e gli animali che non voglio essere sottoposti a questa pratica.

G. Fattori, Marcatura dei torelli in Maremma, 1887.
Collezione privata

Nel 1891 sposa Marianna Bigazzi, seconda moglie di cui due anni prima aveva eseguito il ritratto.

Gli ultimi anni sono pervasi di una sorta di malinconia che si riflette anche nei suoi dipinti, come per esempio in Giornata grigia del 1893.

G. Fattori, Giornata grigia, 1893.
Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori

Nel 1905 si risposa per la terza volta con Fanny Martinelli che ritrae in un’opera colma di malinconia.

G. Fattori, Ritratto della terza moglie, 1905.
Livorno, Museo Civico Giovanni Fattori

L’anziana donna è rappresentata seduta sulla poltrona. Lo sguardo è assorto, perso nel vuoto. Le mani, incrociate, adagiate sul ventre.

Sulla sinistra un dipinto di Fattori chiaramente riconoscibile: I butteri.

L’opera, una delle più belle dell’ultimo Fattori, è pervasa da un’aria di struggente malinconia.

Malinconia per il fallimento delle guerre d’indipendenza e, forse, per come la critica aveva accolto, all’epoca, in modo negativo le sue opere.

Tanti riconoscimenti mancati, tante disillusioni che, nonostante tutto, hanno fatto di Fattori uno dei più grandi artisti dell’epoca.

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  1. […] e selvaggia Maremma, di cui Fattori si innamora in modo […]

  2. […] del Museo Civico Giovanni Fattori, istituzione che espone numerosi dipinti non solo del livornese Fattori, ma di molti artisti Macchiaioli, come […]

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