Boldini, oltre ad essere un grande pittore, è stato l’arbitro assoluto della moda dei primi decenni del XX secolo

Boldini arbitro della moda

Nell’articolo precedente abbiamo visto come si vestivano le donne alla fine dell’Ottocento, grazie anche ai grandi ritratti che fece loro Boldini.

Oggi continuiamo questo viaggio nella moda all’epoca di Boldini, per vedere come evolve quest’ultima nei primi vent’anni del Novecento.

Perchè Boldini “arbitro assoluto della moda?” .

Perchè dovete sapere che il pittore non si limita a fare solamente il ritratto alle sue modelle, principesse o signore dell’alta società che siano.

No. Molto spesso è lui a consigliare che abito indossare e quali accessori abbinare.

E le donne lo assecondano, addirittura sottoponendosi a diete ferree pur di entrar nell’abito scelto dal pittore che, ovviamente, faceva di tutto per rappresentarle sempre bellissime.

Vi racconto un aneddoto.

Nel 1898 la principessa Eulalia di Spagna chiede a Boldini di avere un ritratto.

Boldini arbitro della moda: Ritratto di Eulalaia di Spagna
G. Boldini, S.A.R La principessa Eulalia di Spagna, 1898. Ferrara, Museo Giovanni Boldini

La povera principessa, ogni volta che si recava per posare, trovava il suo volto cancellato. Boldini non riusciva ad andare avanti, fino a quando capì cosa non andava!

L’abito scelto non si addiceva alla principessa che, già di per sè non era bella … .

Alla fine l’abito lo scelse lui – racconto tutta la vicenda nel mio romanzo Un soffio di voile – e così, finalmente, con un abito di pizzo bianco, il pittore riesce a rendere l’allure della donna.

Boldini è sempre in contatto con i più grandi stilisti dell’epoca: Doucet, Worth, Poiret: a loro si rivolge per avere consigli e acquistare abiti che tiene, pronti, nel suo atelier corredati da tutta una serie di accessori come cappelli, guanti, gioielli e scarpe!

La moda agli inizi del Novecento

L’Esposizione Universale di Parigi

Nell’anno 1900 a Parigi si apre un’altra Esposizione Universale.

Il pubblico che accorre in massa all’evento è vestito in modo uniforme: gli uomini con la finanziera e il cilindro; le donne con giacchine attillate e gonne lunghe con strascico, che aderiscono morbidamente sui fianchi e sul posteriore, allargate da godets sul dorso, talmente lunghe che devono essere alzate per camminare.

Sulle alte acconciature stanno in bilico cappellini carichi di fiori e veli e l’ombrellino è un accessorio immancabile.

La moda occupava uno dei settori più importanti di tutta l’Expo tanto che da allora Parigi è considerata la capitale della moda.

Uno dei più grandi stilisti è Jacques Doucet, mentre presidente del settore moda è Madame Paquin, la prima donna che raggiunge il successo in questo settore dopo Rose Bertin, vissuta più di un secolo prima.

Madame Paquin è famosa per i suoi tailleurs di saia blu e per i suoi smaglianti abiti da sera d’oro e d’argento: Boldini stesso si rivolge a lei più volte per abiti da sera importanti per le sue modelle.

Altre case di moda influenzano la moda femminile a Parigi nel primo decennio del secolo come le sorelle Callot e Madame Cheruit.

Tutte le case di moda presentano le proprie collezioni in saloni ricchi di specchi, con le pareti dipinte col colori tenui, come il grigio pallido, crema o giallo-oro, arredate in stile Luigi XVI o Impero, stile amato anche da Boldini tanto che anche la sua casa e il suo atelier sono arredati con mobili di questi due stili.

La Biancheria intima

Moda al tempo di boldini, corpeino
Corpino

Molto importante, in questi anni, è la biancheria intima, che rappresenta uno degli elementi più vistosi del corredo di una sposa.

Il corredo è composto da una dozzina di capi per ogni tipologia d’abito: camicie da giorno e da notte, busti, corpetti, copribusti, mutandoni e sottogonne, il tutto cucito a mano, con ricami che riproducono le iniziali del nome, orlati di pizzo e rifiniti con ricami a punto inglese ed applicazioni di pizzo valenciennes, con l’inserto di nastrini rosa e azzurri.

Il busto è in assoluto il capo più importante dell’abbigliamento femminile.

Confezionato in cotone o raso, composto di teli inseriti e nastri vari, è rinforzato con stecche di balena o metallo sul davanti, mentre dietro è allacciato con stringhe.

Abiti da giorno

La mania per la biancheria intima lancia la moda della mussolina lavorata a giorno, conosciuta come broderie anglaise made in Switzerland che diventa un tessuto popolare per le bluse, chiamato peekaboo.

Questo tessuto attirò gli strali della chiesa a causa della sua trasparenza anche se, in realtà, ciò che si vedeva era semplicemente un busto di tela bordato con passanastro, rifinito in pizzo.

Queste camicette vengono indossate sopra gonne di saia di colore blu aderenti sui fianchi, gonfie dietro, assicurate alla vita con una cintura con fibbia solitamente d’argento.

Abiti interi e anche giacche vengono confezionati con tessuto adoperato per la biancheria intima, come per esempio la tela ricamata a cui si aggiungevano incrostazioni di pizzo o merletto irlandese.

Cappelli e parasoli sono anch’essi guarniti con trine.

La moda al tempo di Boldini: i primi dieci anni del Novecento

Nel 1912 la moda guarda indietro, al passato e, Poiret, altro grande couturier dell’epoca, prese ispirazione dal Medio Oriente, proponendo il turkish o calzone da harem, proposto da Boldini nel Ritratto di Donna Franca Florio, ritratto dalla vicenda tormentata, ne parlo nel mio romanzo Un soffio di voile in cui, nella stesura finale, Boldini corregge l’abito dei primi Novecento con uno di Poiret, dove si nota chiaramente il turkish.

Moda al tempo di Boldini, ritratto di Donna Franca Florio
G. Boldini, Donna Franca Florio, 1901-1924. Collezione privata

Verso gli anni Venti del Novecento

Progressivamente la moda nel corso degli anni diventa più semplice.

Il secondo decennio del XX secolo è caratterizzato da una grande semplicità dell’abbigliamento femminile.

Innanzitutto scompaiono tutti i posticci e le imbottiture di crine.

Poiret continua a dettare legge con una linea semplice e, anche se gli abiti da sera continuano ad essere confezionati in pizzo, inizia a predominare il gusto per i tessuti dai colori forti, contrastanti e dalle linee semplici.

Viene dato molto risalto al collo, non si usano più alti e rigidi colletti, ma scollature a cuore o a barchetta prendono il sopravvento.

G. Boldini, Marthe Regnier, 1907 (?).
G. Boldini, Ritratto di Mrs Peter Cooper Hewitt, 1913 ca. Providence, Museum of Art, Rhode Island School of Design, Gift of Mrs. Guy Fairfax Cary.
G. Boldini, Gladys Deacon, 1916. Blenheim Palace Heritage Foundation

Quello che caratterizza questi anni sono le lunghe collane di perle di grandezza degradante per coprire la pelle ormai … esposta agli sguardi di tutti, come ci mostra lo splendido ritratto di Mrs Peter Cooper Hewitt, mentre le linee morbide e sinuose degli abiti le possiamo notare nei ritratti di Marthe Regnier e Gladys Deacon in cui, Boldini con le sue splendide pennellate grintose e dinamiche “a fuoco d’artificio”, riesce a rendere l’eleganza e la bellezza delle linee degli abiti, nonchè il cadere morbido delle stoffe.

I boa di piuma diventano ormai comuni tanto da non essere più sinonimo di eleganza.

Al loro posto appaiono lunghe stole di stoffa o di pelliccia, ermellino o lontra, rifinite con code e frange.

Ora dovete fare uno sforzo e immaginare l’atelier di Boldini.

Donne famose che entrano e escono, paraventi dietro cui cambiarsi, e una grande quantità di abiti, accessori che l’artista cambia a seconda del risultato che vuole ottenere.

Profumi di differenti essenze usate dalle donne, si mescolano a quello dei tessuti, degli accessori.

L’atelier è in continuo fermento, il rumore delle stoffe, quello delle perle, il ticchettìo dei tacchetti delle scarpe, questo è il magico mondo di Boldini e quello che si respira nel suo antro magico, il suo atelier.

La moda al tempo di Boldini: l’età del Jazz

Nello stesso momento in cui emerge la donna emancipata, appare anche una versione diversa della femminilità.

La vamp, è più che altro un “prodotto” del cinema, e due grandi rappresentanti in questi anni sono Theda Bara e Pola Negri, che amano accentuare i loro grandi occhi scuri col Khol, grandi occhi con cui lanciano sguardi languidi da sotto il turbante che cinge le loro teste.

La moda dell’età del Jazz è facilmente riconoscibile: capelli corti, frangetta e fascia intorno alla fronte, come ci mostra Boldini nel ritratto di Mouriel e Consuelo Vanderbilt, oppure vengono indossati cappelli ben calcati sul capo per nascondere fronte e sopracciglia.

Tutto è flou, fluttuante.

I vestiti sono confezionati in leggero chiffon con pannelli svolazzanti che arrivano a malapena fino alle caviglie.

Le maniche sono lunghe e ampie, i corpini blusanti, a vita bassa.

G. Boldini, Mouriel e Consuelo Vanderbilt, 1913. Fine Arts Museums of San Francisco. Dono di Mrs. Vanderbilt Adams

Spesso una lunga sciarpa viene gettata sulle spalle; maniche e gonne terminano con nappe e lunghi orecchini incorniciano il viso.

La moda Maschile

E gli uomini? non mi sono dimenticata di loro, solo che l’abbigliamento maschile è molto più semplice: giacca, panciotto e pantaloni aderenti sono ormai entrati nell’uso comune.

Per la sera il frac e lo smoking sono all’ordine del giorno, molto apprezzato è anche il tight, usato durante il giorno o, al massimo, nel primo pomeriggio.

Boldini ce lo mostra molto bene nello sbarazzino ritratto che ha fatto all’amico Sem, ritratto con un abito da giorno, un bel completo grigio i cui mostra tanto di giacca, gilet, con pantaloni con piega sopra gli stivaletti, il tutto accompagnato da un soprabito grigio.

Molto più formale l’abito indossato da Henry Gauthier- Villars che, come vediamo, oltre ai soliti accessori quali i guanti bianchi e il bastone da passeggio, indossa il cilindro.

G. Boldini, Georges Goursat detto Sem, 1902.
Parigi, Musée des Arts Décoratifs
G. Boldini, Henry Gauthier-Villars (Ritratto di Willy), 1905.
Collezione privata

Prima di lasciarvi, voglio svelarvi una curiosità proprio su quest’ultimo.

Già di moda nell’Ottocento, questo cappello maschile era chiamato anche chapeau claque e fu inventato da Monsieur Gibus nel 1823 per ovviare all’ingombro di trasportare i cappelli rigidi.

Il Gibus era un cilindro pieghevole, che nella cupola aveva un un meccanismo a molle per poterlo schiacciare e rendere piatto.

Chiamato anche cappello d’Opera, è fatto di raso nero, si piega verticalmente attraverso una spinta o uno scatto sulla parte superiore del cappello per riporlo facilmente in un armadio.

Si apre con una spinta da sotto.

Gli elementi per vivere nel magico mondo del passato, ora li avete tutti, non mi resta che augurarvi … Buona lettura!

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