La passione per il grande Giovanni Fattori risale al 2015, vi svelo com’è andata!
Nel 2015 nelle sale di Palazzo Zabarella a Padova si è tenuta una grande mostra su Giovanni Fattori, livornese, padre indiscusso della “Macchia”.
All’epoca ero ancora a Padova, mia città natale, e lavoravo per Palazzo Zabarella facendo guide, in qualità dei Storica dell’Arte, alle mostre che la Fondazione ogni autunno realizzava.
Devo dire che questo lavoro mi ha fatto scoprire ed amare l’arte italiana dell’Ottocento, in primis, quella dei Macchiaioli Toscani.
Sono laureata in Storia dell’Arte Medievale, Padova è una città Medievale, la famosa Urbs Picta, quindi fino al 2003, quando iniziai a lavorare per la Fondazione Bano, la mia attenzione era concentrata ad approfondire aspetti del Medioevo, approfondendo lo studio di artisti come Giotto, Giusto de’ Menabuoi, Altichiero da Zevio…
Ma dal 2003 tutto cambiò…
Il mio incontro con Fattori nelle sale di Palazzo Zabarella
Tutto cambiò…
Sì perché in quell’anno Palazzo Zabarella organizzò una grande mostra sui Macchiaioli Toscani e da quel momento mi innamorai di questo movimento artistico e non smisi più di studiarlo, complice anche le successive mostre organizzate dalla stessa Fondazione.
Giovanni Boldini, Telemaco Signorini, Zandomeneghi, De Nittis, Corcos … e Fattori nel 2015 iniziarono a susseguirsi, come appuntamento fisso per la stagione delle mostre autunnali a Padova, nelle sale del Palazzo padovano.


Le mostre, si sa, sono sempre un’occasione per approfondire lo studio di un’artista, soprattutto quando non si tratta delle classiche mostre a pacchetto “svuota museo”, ma di esposizioni pensate ed organizzate con una commissione scientifica alle spalle, come nel caso padovano.
Ma erano proprio necessarie delle esposizioni per farmi amare i Macchiaioli?
Purtroppo si perché nei classici manuali di storia dell’arte che si studiano all’Università per superare la parte generale dell’esame, ai Macchiaioli sono dedicate pochissime pagine che non ti permettono di approfondire l’importanza di questo movimento pittorico, surclassato dall’Impressionismo (nel mio articolo Macchiaioli e Impressionisti analizzo le differenze fra i due movimenti), ma che fortunatamente negli ultimi anni è stato fortemente rivalutato.
La magia di Giovanni Fattori
Ed è così che studiando le diverse mostre ho iniziato a conoscere, apprezzare ed amare questi artisti.
Artisti che hanno un’importanza fondamentale nell’evoluzione della pittura italiana della seconda metà dell’Ottocento.
Ne hanno infatti svecchiato i moduli stereotipati dell’Accademia, portando la Realtà → Realismo all’interno dell’opera d’arte.
E così, come hanno fatto i grandi letterati dell’epoca, ad esempio Giovanni Verga, con coraggio si iniziano a portare sulla tela soggetti prima d’ora impensabili: contadini, scene di vita quotidiana, episodi delle Guerre di Indipendenza, iniziano ad apparire al posto dei secolari soggetti mitologici, degli episodi di storia antica e di ritratti belli, perfetti, a volta idealizzati.
La realtà si impossessa della tela!
Che coraggio ebbero i Macchiaioli e con essi Fattori, che come per magia fa apparire una bella contadinella al centro del dipinto in cui Lei, con la sua dolcezza acquisisce la dignità di una delle tante Veneri dell’antichità!

Collezione privata.
Fattori riesce a conferire grande dignità e dolcezza all’immagine tenera della giovane contadina toscana.
Che forza, che dolore emanano i suoi quadri di storia!
L’artista ci mostra, come delle slide, gli episodi cruenti della guerra con una forza ed un pathos che fa rabbrividire.
Ogni volta che osservo o spiego un dipinto di Fattori riesco ad entrare nell’opera ed a percepire, a seconda del soggetto, la crudeltà della guerra di cui ne odo la concitazione, sento gli spari dei fucili, la folla che urla tutto il dolore provocato dalla stessa ma, anche, la calma placida del mare lungo la costa livornese, la sofferenza dipinta nel volto della moglie malata di tisi, malattia che condurrà la povera Settimia Vannucci alla morte.

Giovanni Fattori e la tecnica della Macchia
Questa forza nel rappresentare la realtà viene accompagnata da una tecnica innovativa: la Macchia.
L’artista inizia a costruire il dipinto servendosi di piccole taches di colore accostate le une alle altre, dove spariscono tutti i dettagli, i particolari, a favore di un sintetismo dell’immagine, come nella Rotonda di Palmieri a Livorno, una delle opere fondamentali di Fattori eseguita nel 1866, in cui rappresenta la moglie Settimia insieme a delle amiche intenta a chiacchierare con delle amiche sulla famosa Rotonda Palmieri a Livorno: l’opera sembra quasi un mosaico, zone di colore piatto costruiscono l’immagine che, pur nella forte sinteticità, ci permette quasi di percepire le chiacchiere confidenziali che le donne sono intente a scambiarsi.

Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti

Fattori costruisce in modo sintetico la scena, con pennellate piatte riuscendo a conferire profondità all’immagine stessa.
Ecco, è proprio questo che amo di Fattori.
Pur adottando un’estrema sintesi pittorica riesce a farci percepire i medesimi sentimenti che lui stesso provava nell’eseguire il dipinto.
Fattori ci chiama dentro l’opera, ce la fa vivere in pieno.
Mano a mano che lo studiavo iniziai ad appassionarmi anche ai luoghi amati e frequentati dallo stesso: Livorno e Castiglioncello, tanto da desiderare ardentemente di visitarli…
I luoghi di Fattori: Livorno e Castiglioncello
Non ci crederete.
Per motivi familiari … nel 2020 mi sono trasferita a Livorno dove ora vivo.
Sì!
Vivo nella terra di Giovanni Fattori e, mi ricordo, passato il triste periodo del Covid, quando si tornò ad uscire, ho iniziato a “vivere” i luoghi dell’artista.
Antignano, la splendida costa livornese dove l’artista ha dipinto tante volte il mare, il paesaggio circostante, di cui ci ha lasciato immagini poetiche dei pescatori intenti a rappezzare le reti, oppure l’interno della campagna livornese e, soprattutto, Castiglioncello.
Fattori si reca per la prima volta a Castiglioncello nel 1867 quando, dopo la morte della prima moglie, il critico Diego Martelli lo invita nella sua tenuta e lì dipinge scene indimenticabili come i famosi Bovi al carro e dove esegue i ritratti di Diego Martelli e della compagna Teresa Fabbrini ambientati nella tenuta che Diego eredita alla morte del padre, il liberale Carlo Martelli.

Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti.
Eseguita nella tenuta di Diego Martelli a Castiglioncello, l’opera è uno splendido esempio degli studi compiuti da Fattori all’aria aperta. Il motivo dei Bovi al carro sarà studiato anche da Borrani che in quegli stessi anni era ospite insieme a Fattori nella tenuta di Castiglioncello. Le ricerche compiute dai Macchiaioli sulla luce si riflettono nel perfetto scarto di luce ed ombra ben visibile nell’ombra lasciata dai bovi sul terreno. La pennellata è sintetica e, con differenti angolazioni, dona profondità al campo visivo.
Oggi al posto della tenuta c’è il Castello Pasquini ma, davanti ad esso, si staglia una splendida pineta che ricorda molto quella di Martelli.

Collezione privata

E’ a dir poco un’emozione unica passeggiare per Castiglioncello e ripensare che lì Fattori, Abbati, Borrani hanno realizzato dipinti straordinari.
E la luce.
La luce di Castiglioncello è la stessa che si ammira nelle loro opere.
Quello che sto cercando di dirvi è che veramente Fattori ha riportato sulla tela quello che ha visto con i suoi stessi occhi e questo significa che ci permette di vivere la realtà dell’Italia della seconda metà dell’Ottocento.
Ora come allora.
Il mio dipinto preferito
I capolavori dell’artista sono tanti, ma uno in particolare ce l’ho nel cuore: si tratta del dipinto Nel bosco eseguito nel 1901: una sinfonia di colori autunnali accompagna l’allontanarsi, di spalle, di un uomo che solitario cammina nel bosco.

Con piccoli arabeschi cromatici definiti da una tavolozza che va dai verdi alle gradazioni del giallo, ocra e marroni, Fattori crea una dipinto di una struggente malinconia.
La camminata solitaria dell’uomo, rievoca la struggente malinconia, provata dall’artista stesso negli ultimi anni della sua vita.
Intorno alla figura, i colori autunnali accompagnano questo stato d’animo, creando quasi un’aureola dorata intorno all’immagine dell’uomo.
Già, gli ultimi anni dell’artista, lo vedono stanco, disilluso, dai molti avvenimenti spiacevoli della sua vita.
Fattori credeva e sperava, come molti, in Unità d’Italia che doveva compiersi in modo differente; la tristezza per la perdita di tre mogli, il non completo successo della sua opera mentre era in vita.
Una disillusione che ha, purtroppo, accompagnato molti Macchiaioli dei quali all’epoca, non si è capito la portata innovativa delle loro opere.
Perché lo amo?
Per diversi motivi.
Innanzitutto per la tavolozza: queste splendide gradazioni degli ocra, verdi e marroni, conferiscono una lirica straordinaria al dipinto.
Perchè solo a guardarlo mi emoziona, mi riempie il cuore e mi “trasferisce” in quella calda atmosfera autunnale, per me sempre molto rassicurante.
Infine perché mi trasporta e mi fa vivere pienamente in un’Italia che non c’è più, dove il valore delle cose semplici, il rituale della vita dei contadini o dei pescatori, dovrebbe essere recuperato per tornare a vivere secondo il ritmo della natura, contro la velocità della vita moderna.
Concludendo …
Fattori, si è capito solo negli ultimi anni, dev’essere considerato non solo il padre della Macchia ma, grazie all’uso di questa ed al forte sintetismo dell’immagine, anche colui che ha aperto la via all’arte contemporanea, abbattendo gli schemi secolari dell’Accademia.

Con l’ausilio di colori smaltati ed una pennellata orizzontale, l’artista costruisce il dipinto per singole campiture cromatiche.
Pur nella secchezza dell’immagine, Fattori restituisce tutto il senso della fatica e della dura vita dei pescatori.
Dal dipinto emana un silenzio quasi irreale, carico di emozioni nel raccontarci una vita definita dai ritmi della natura che ci riporta ai tempi passati.
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