Una grande mostra a Lucca rende omaggio ai Pittori della luce, in particolare al locale Pietro Paolini.

A Lucca dall’8 dicembre 20221 è aperta la mostra I pittori della luce, da Caravaggio a Paolini, esposizione che chiuderà i battenti il 2 ottobre 2022.

Organizzata da Vittorio Sgarbi, partendo da tre opere di Caravaggio, viene analizzato il ruolo centrale della luce nei dipinti di alcuni esponenti del Barocco, fra cui il lucchese Pietro Paolini, di cui si vuole restituirne la centralità nell’ambito dei caravaggisti.

In particolare l’esposizione cerca di evidenziare cos’è successo in circa trent’anni, dall’arrivo di Caravaggio a Roma, nel 1595, fino a due, tre decenni dopo la sua morte.

Non è, sia chiaro, una rappresentazione dei tanti volti del caravaggismo a Roma, ma ci si concentra sull’elemento più innovativo nelle opere di questi artisti: la luce.

La prima sala e l’incontro con Caravaggio

Entriamo e la penombra ci avvolge.

Quello che mi ha subito colpito entrando in mostra è l’atmosfera che si respira, creata da un bellissimo allestimento.

Pareti scure su cui spiccano le opere con un sapiente uso della luce per illuminare le stesse.

Bella l’idea delle sculture di Cesare Inzerillo e Marilena Manzella che emergono dal buio delle pareti rappresentando oggetti che richiamano alcuni dettagli ingranditi delle opere esposte.

Lucca, mostra i Pittori della luce, allestimento con le sculture di Inzerillo e Manzella
Allestimento con le sculture di Inzerillo e Manzella. Lucca, I Pittori della luce

Lo cerco con l’occhio; eccolo. Trovarsi di fronte a Caravaggio fa sempre un certo effetto.

Tre grandi opere, in cui emerge tutta la differenza ma, soprattutto, l’evoluzione dello stile dell’ opera di Caravaggio.

Caravaggio, Ragazzo che monda un frutto, 1595.
Collezione privata
Caravaggio, Seppellimento di S. Lucia, 1608 ca.
Fondo Edifici di Culto
Pittori della luce, Caravaggio Il Cavadenti
Caravaggio, Il Cavadenti, 1608. Firenze, Uffizi.

Il ragazzo che monda un frutto è un’opera giovanile e lo si vede subito.

La dolce immagine del ragazzo è definita da un lieve trascolorare della luce e dell’ombra, che ne rende le rotondità del volto e delle mani.

Come nelle sue prime opere, sto pensando per esempio alla Canestra di frutta, l’artista rende palpabile la frutta che viene definita con tocchi di luce straordinari, è viva, vera, ne sentiamo tutto il profumo, possiamo toccarla.

Si procede.

Caravaggio, si sa, ha una vita movimentata, frenetica.

Durante una partita di pallacorda ferisce mortalmente Ranuccio Tommasoni, non è il primo degli episodi di violenza che gli vengono attribuiti, anzi possiamo dire che già in precedenza si è passato qualche … giorno in prigione, per efferatezze varie.

La sentenza, questa volta, fu durissima: decapitazione.

Non resta che un’unica via: la fuga.

Dopo l’evasione dal carcere di Malta e l’arrivo a Siracusa, dipinge lo splendido Seppellimento di Santa Lucia, per l’altare maggiore della basilica di Santa Lucia al Sepolcro nel luogo dove, secondo la tradizione, la Santa viene martirizzata.

Tutto diventa livido. L’opera sembra quasi un monocromo.

La luce scende dall’alto ed illumina i volti dei presenti che circondano il corpo della Santa, stesa in basso e a cui ci riporta la figura dell’uomo che sta spalando la terra per seppellirla.

Figura bellissima, tornita nella sua muscolatura, con la luce che si infittisce a rendere il minuscolo panneggio della veste.

Percepiamo la tensione e il dolore degli astanti.

La luce guizza anche sui volti di chi assiste alla scena del Cavadenti ( non più in mostra), pochi tocchi di luce sapientemente dosati che evidenziano anche le membra tornite e muscolose degli uomini per poi concentrarsi lì, nel momento cruciale in cui viene strappato il dente: il contrasto luce e ombra accentua il dolore.

Quest’opera, in particolare, rappresenta in pieno la rivoluzione di Caravaggio e il legame con Pietro Paolini.

La Luce nelle opere degli artisti barocchi

In questo articolo non voglio certo parlarvi di tutta la mostra, ma darvi delle linee guida per capirla.

Mi perdonerete allora, se vi parlo un pò del significato della luce, che è poi il nocciolo della questione dell’esposizione, nelle opere degli artisti barocchi.

A parte il significato religioso di cui si carica in alcuni artisti (anche nelle opere di Caravaggio), nel Barocco tutto tende alla spettacolarizzazione.

Il gioco di luce, il contrasto della luce e dell’ombra, diventa spettacolo.

Immaginate la scena del dipinto come se fosse ambientata in un palcoscenico di teatro.

Un faro fuori campo illumina la scena, e un riflettore si muove sugli attori principali.

Spesso la luce entra nei dipinti dall’esterno, oppure è generata da una candela posta all’interno della narrazione, o emanata dai Santi.

E poi le splendide Natività dove è il Bambino che diventa esso stesso un bozzolo di luce ed è la sua luce che illumina gli astanti.

Questo è il grande teatro del Barocco: possiamo definire la luce nelle opere di questi artisti Luce scenografica e teatrale.

Tutto è teatro. Tutto è spettacolo.

Un artista come Caravaggio, che inizia ad usare la luce in modo così spettacolare, non può passare inosservato.

Gli artisti che si trovano a Roma in quegli anni, ma anche in seguito, meditano su di lui, sulla sua arte, sulle sue opere.

Torniamo in mostra.

I pittori della luce, meditano sulla lezione di Caravaggio

Rubens è uno dei tanti artisti che a Roma, medita profondamente sulla lezione caravaggesca e la fa propria.

Pittori della luce, Rubens, Adorazione dei pastori
Rubens, Adorazione dei pastori, 1609. Fermo, chiesa dei Filippini

Eccoli gli “effetti speciali” , nell’ Adorazione dei pastori (non più in mostra), dove il Bambino diventa un bozzolo di luce che illumina la Vergine, i pastori e arriva a toccare il gruppo degli angeli, che stanno scendendo in volo, i cui corpi sono mirabilmente intrecciati.

I nomi nelle sale si susseguono, De Ribera, Valentin de Boulogne, Riminaldi, con il suo splendido Amore vincitore, soggetto molto richiesto dai committenti dell’epoca.

O. Riminaldi, Amore vincitore, 1620.
Collezione privata.
Bottega di B. Manfredi, Il concerto, 1620-1630. Firenze, Uffizi
Pttori della luce, Bartolome Manfredi, giocatori di carte e il concerto
Bottega di B. Manfredi, I giocatori di carte, 1620-1630. Firenze, Uffizi

Come non menzionare Bartolomeo Manfredi che, con le sue scene di genere, “imita” in toto Caravaggio: di quest’ultimo, infatti, riprende le scene e le ambienta all’interno di osterie, rigorosamente in costumi contemporanei, di cui evoca anche pose e caratteristiche.

Lo si vede chiaramente nel Concerto e ne I giocatori di carte (della sua Bottega) che rievocano chiaramente la Vocazione di San Matteo del Merisi: in un ambiente buio, scarsamente illuminato, i personaggi variamente giocano a carte o suonano differenti strumenti musicali.

La luce trascolora soffusa, gioca illuminando i volti, ognuno esprimente uno stato d’animo differente.

Splendida la resa delle stoffe, il cui gioco di luce sul panneggio, fa percepire il senso tattile del tessuto.

Lo stile di Manfredi viene definito Manfrediana methodus, e si basa, appunto, sullo studio dei modelli caravaggeschi, dai quali vengono estrapolate le singole figure, per poi essere ricomposte in vario modo in nuove composizioni diverse dall’originale.

Prima di passare a parlare di Pietro Paolini, voglio nominarvi altri due esempi fondamentali: il francese Bigot e Matthias Stomer.

Bigot, Cupido svegliato da Psiche, 1620-1630.
Teramo, Pinacoteca Civica
Stomer, Cristo deriso, 1640. Catania, Museo Civico di Castello Ursino

Bigot è uno straordinario sperimentatore di effetti di controluce veramente stupefacenti, e Stomer è altrettanto incredibile nell’utilizzare l’effetto di controluce definito dalla fiaccola coperta dalle mani di uno degli aguzzini.

Ma è proprio dalla fiaccola che emana quell’alone luminoso che circonda, come un riflettore scenico, le figure di Cristo e dei suoi aguzzini con i volti dalle fattezze volgari.

Pietro Paolini, “Pittore della luce”

Nato a Lucca nel 1603, fondamentale è stato il soggiorno a Roma intrapreso a partire dal 1619 e che si è protratto, alternato da ritorni in patria, fino al 1627.

Importante anche l’apprendistato presso Angelo Caroselli maestro che non solo gli fornisce insegnamenti “tecnici”, ma lo introduce nell’ambiente dei pittori seguaci del Manfrediana methodus, pittori che traducono in forme più colloquiali il linguaggio caravaggesco.

Molti sono i temi trattati dal pittore: soggetti sacri, scene di genere, ritratti, temi allegorici e morali.

Intorno al 1650 fonda un’ “Accademia del naturale” presso la quale transitano molti giovani discepoli.

L’artista subisce anche diverse influenze, derivate dai diversi viaggi intrapresi, come per esempio, il soggiorno a Venezia.

All’influenza dei veneti si affiancano quelle dei bolognesi e, ovviamente, di Caravaggio.

Giustamente la mostra vuole rendere omaggio a questo grande artista locale, ecco quindi un susseguirsi di diverse sale a lui dedicate che ne seguono il percorso artistico.

Nelle sue opere l’artista adotta un’ inquadratura serrata, i volumi delle figure sono pieni, la pennellata è grassa e l’illuminazione laterale stacca i volti dallo sfondo.

Caratteristici sono proprio questi ultimi dall’ovale perfetto che presentano labbra turgide con gli angoli leggermente rivolti all’insù e, soprattutto, i caratteristici occhi a mandorla.

Nelle sue opere Paolini non dipinge la realtà, ma piuttosto rappresenta una fuga dalla realtà per mettere in scena una rappresentazione teatrale.

P. Paolini, Cantore, 1625.
Roma, Fondazione Boris Christoff
P. Paolini, Concerto a cinque figure, 1635-1640. Collezione Francesco Micheli
Pittori, della luce, P. Paolini, il cantore, concerto a cinque figure e ritratto d'uomo che scrive a lume di candela.
P. Paolini, Ritratto d’uomo
che scrive al lume di candela, 1635-1640.
Collezione privata

Splendido il Cantore che emerge dal fondo scuro, il volto illuminato da un raggio di luce proveniente da destra, lo spartito in mano che stringe con entrambi le mani.

Nel Concerto a cinque figure Paolini usa l’espediente di far entrare lo spettatore nel dipinto tramite gli sguardi dei suonatori di torba e spinetta rispettivamente alla sinistra e alla destra del dipinto. E’ come se lo spettatore, entrando in sala, avesse interrotto il concerto. Ancora una volta, come su un palcoscenico, la luce illumina i volti dei musicisti e dei cantori, guizzando sulle loro espressioni. Splendido il brano dell’abito in broccato rosso.

Altrettanto straordinario il Ritratto d’uomo che scrive al lume di una lucerna, rappresentato frontalmente, nel suo studio, davanti ad una lampada ad olio. L’uomo ci rivolge uno sguardo benevolo; è circondato dagli oggetti necessari alla sua attività che diventano magnifici brani di nature morte: libri, penne d’oca e calamaio.

L’atmosfera è calma e intima, la luce rivela il volto e le mani del personaggio, e il foglio di pergamena.

L’opera è pervasa da un senso di calma.

Pittori della luce, P. Paolini, Banchetto musicale
P. Paolini, Banchetto musicale o allegoria a cinque figure (La caducità del potere temporale), 1650. Lucca, Cassa di Risparmio

Arriviamo verso la fine. Verso l’ultimo Paolini.

Personalmente mi piace molto l’idea della continuazione del dipinto sulla cornice: rafforza il senso dell’illusionismo barocco.

Troviamo un artista ormai spento. Il segno distinguibile e caratteristico sono gli occhi: una lugubre ombra li accerchia, sono sfocati non più leggibili.

L’artista perde di vigore. Anche le figure non sono più piene, possenti.

La mostra prosegue, presentando altri nomi del Seicento, ma io mi fermo qui.

Un ultimo consiglio.

Se volete proseguire a vivere i fasti del Barocco, visitate Palazzo Mansi e continuerete a vivere le meraviglie di quest’epoca a dir poco … spettacolare!

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